Monti Invisibili

Borghi dimenticati della Laga
Quota 1.176 m
Data 12 aprile 2025
Sentiero non segnato
Dislivello 786 m
Distanza 25,79 km
Tempo totale 6:40 h
Tempo di marcia 5:49 h
Cartografia Monti Gemelli
Descrizione Da Valle Castellana (630 m) per Vosci (620 m, +18 min.), Olmeto (700 m, +58 min.), il Fosso di Laturo con quattro guadi, Laturo (820 m, 50 min.), il Fontanile Il Monte (1.067 m, +56 min.), la Sorgente La Cordella (1.101 m, +10 min.), La Cona (1.073 m, +50 min.), Vallenquina (840 m, +40 min.), Prevenisco (679 m, 47 min.) e Valle Castellana (+20 min.). Faticoso e affascinante anello fra borghi deserti su alcuni sentieri, carrarecce e asfaltate dissestate, con splendide vedute sui monti innevati dei Sibillini, Laga, Gran Sasso e Gemelli. Avvistato un capriolo e numerose orme e fatte di lupo.
 

borghi dimenticati della laga mappa

Traccia GPS

valle castellana

077 Valle Castellana

valle castellana

076 Valle Castellana meridiana

vallenquina

075 Vallenquina Castello Bonifaci

vallenquina

074 Vallenquina Castello Bonifaci

vallenquina

073 Vallenquina Castello Bonifaci

vallenquina

072 Vallenquina

vallenquina

071 Vallenquina e Monte Vettore

leofara

070 Verso Vallenquina

leofara

069 La Cona

leofara

068 La Cona

leofara

067 La Cona

leofara

066 Leofara e Monti Sibillini

leofara

065 Leofara e Monti della Laga

leofara

064 Leofara

gran sasso

063 Gran Sasso

monti sibillini

062 Monti Sibillini

primule

061 Primule

monte girella

060 Monte Girella

colle domenico monti

059 Colle Domenico Monti

la cordella

058 Sorgente La Cordella

monte girella

057 Monte Girella

monte girella

056 Monte Girella

fontanile il monte

055 Fontanile il Monte

fontanile il monte

054 Fontanile il Monte

fontanile il monte

053 Fontanile il Monte

monti sibillini

052 Monti Sibillini

monti della laga

051 Colle il Monte

monti della laga

049 Laturo e Monti della Laga

laturo

048 Laturo

colle fiatone

046 Colle Fiatone

laturo

045 Verso Colle Fiatone

laturo

043 Laturo arnie

laturo

042 Monti della Laga

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041 Monti della Laga

laturo

040 Laturo

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039 Laturo Sant'Egidio

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038 Laturo Sant'Egidio

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037 Laturo

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036 Laturo

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034 Taturo San'Egidio

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033 Laturo

laturo

032 Laturo gafio

laturo

031 Laturo

laturo

030 Laturo

laturo

029 Laturo

laturo

028 Laturo

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027 Laturo

laturo

025 Laturo

laturo

024 Laturo

laturo

022 Laturo

laturo

021 Laturo

olmeto

020 Olmeto

olmeto

019 Olmeto

olmeto

018 Olmeto

olmeto

017 Con Gianfranco

valle castellana

016 Valle Castellana

tarassaco

015 Tarassaco

laturo

014 Verso Olmeto

vosci

013 Vosci Chiesa di Sant'Anna

vosci

012 Vosci Chiesa di Sant'Anna

vosci

011 Vosci Chiesa di Sant'Anna

vosci

010 Vosci Chiesa di Sant'Anna

vosci

009 Vosci

vosci

008 Vosci

vosci

007 Vosci

vosci

006 Vosci

vosci

005 Vosci

vosci

004 Vosci

valle castellana

003 Valle Castellana

valle castellana

002 Valle Castellana

marco sances

001 Marco Sances

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000 Laga Borghi altimetria

Borghi dimenticati della Laga, 12 aprile 2025. Non ho mai incontrato grandi difficoltà a pianificare con attenzione un’escursione in montagna. Cartografia fisica e digitale, guide cartacee e online, le tracce di mie precedenti escursioni: ma alla fine si naviga prevalentemente a vista e le linee di cammino sono abbastanza ben definite dall’orografia.
Situazione opposta quando si tratta di strologare una sgambata a bassa e media quota. Le cartografie – se pure esistono – spesso non supportano e la vegetazione e i movimenti del terreno sono in alcuni territori una variabile con mutazione stagionale della quale nessuno mi renderà conto.
Quando poi si tratta di andare a capare antichi sentieri agricoli o pastorali, la situazione si fa ancora più ingarbugliata e difficilmente riuscirò a scoprire se effettivamente si passa fino a che non sarò in cammino.
Come oggi che sono tornato a esplorare un’altra porzione delle dozzine (quanto mi piace questo termine desueto) di borghi diruti e abbandonati che costellano i Monti della Laga. Questa volta a ovest dei Monti Gemelli, fra vallate lunghe è impervie disseminate di una miriade di villaggi spopolati, dove anche le stesse vie di collegamento sono state erose dagli elementi e dal tempo.
Infatti, a differenza dei Sibillini, del Gran Sasso e della Majella – altri massicci agricoli e pastorali, dove l’asprezza delle altitudini ha sviluppato nuclei abitativi alle quote relativamente più basse – l’uniforme ricchezza idrica e boschiva della Laga, unita a una conformazione più dolce, ha portato l’uomo a insediarsi ovunque fosse favorevole, con una distribuzione omogenea di piccoli nuclei di antropizzazione, uniti da un reticolo di collegamenti sociali e mercantili.
Una pianificazione piena di dubbi e incertezze, quindi, per la quale ho dovuto utilizzare il satori, il sistema dell’illuminazione zen: immagazzinati e studiati tutti i dati, li ho accantonati; dopo alcune settimane li l’ho ripresi e ho deciso d’intuito. Un metodo che possiede anche l’indiscutibile pregio del conseguimento della consapevolezza di quanto si vedrà e si percepirà nel corso dell’esperienza di cammino.
Spaventose tre ore di guida: prima fra i tradizionali autovelox e sensi unici alternati regolati da semaforo della Via Salaria; poi un’ora di una stradicciola che è sì stretta, tortuosa e dissestata, ma anche a fil di strapiombo e a tratti sterrata o franata.
Ma infine sono ai 630 metri del remoto abitato di Valle Castellana, dove intraprendo il mio cammino in un territorio così lontano fisicamente e idealmente che mi sembra quasi di essere espatriato.
Un indigeno, che dimostra il doppio dei miei anni ma ne avrà la metà, mi ammonisce di stare attento al suo cane – una sorta di mastino dei Baskerville – perché “è ignorante”; mentre l’astrusa favella del villico tradisce studi classici.
Una breve deviazione mi conduce alla dirute pietre di Vosci. I terremoti hanno squassato duramente questa terra, contribuendone all’abbandono, e i pochi casolari sono un affastellamento di pietre in precario equilibrio. Mi affaccio alla piccola chiesetta a cielo aperto di Sant’Anna. Sull'architrave d’ingresso la data 1884; dentro un confessionale, una cornice, un altare in legno: schiantati sotto tegole e travi.
Fra primule, fiori di ciliegio e gemme risalgo ora la dissestata carrozzabile del Fosso di Laturo. Un capriolo mi sfiora saltellando in grandi archi e poi, in un mondo silente e deserto, la sorpresa di un altro camminatore. È Giancarlo, un settantaduenne di Ascoli di gamba forte, appassionato botanico e fine conoscitore dei luoghi, oltre che amante della montagna e della natura.
Mentre mi racconta della passata vita in queste plaghe, oltrepassiamo il minuscolo abitato di Olmeto e ci lanciamo poi giù nel fosso, fra acque scroscianti e stormenti boschi, dove giochiamo a lungo da una parte all’altra del limpido torrente. Giancarlo mi conferma la labilità di questi sentieri, scavati dalle acque nelle tenere marne e arenarie.
I primi tetti di Laturo fanno capolino al sole degli 820 metri, mentre impegniamo la rampa rocciosa che ci conduce in vista delle prime case del borgo abbandonato, in splendida posizione su una terrazza con vista sulla valle e sulla costiera innevata dei Monti della Laga.
Borgo autosufficiente, inserito in una rete di altri abitati analoghi, era arrivato a ospitare duecento abitanti, dediti alla pastorizia e al legnatico da carbone. Alla metà degli anni ’70 anche l’ultimo abitante era andato via e la vegetazione aveva fisicamente chiuso la mulattiera di accesso.
Ora il brusio di una falciatrice conferma il recupero in atto. È Federico Panchetti, dell’Associazione Amici di Laturo (www.borgodilaturo.it) che con un impegno quotidiano riscatta alla vita la memoria di queste pietre.
Ci addentriamo su ordinati vicoli erbosi, dove edifici svuotati di tetto e solai si accompagnano ai pochi perfettamente restaurati. Al sole della valle si protende un gafio, balcone ligneo di tradizione longobarda. residuo della dominazione sul Piceno meridionale.
Le api ronzano intorno alle arnie e un fontanile gorgoglia mentre entro nella piccola chiesa di Sant’Egidio. Un mondo abbandonato di un tempo fermo, splendido e vibrante al sole della giornata: raggiungibile solo con un fuoristrada o con cinquanta minuti di cammino dalla più vicina sterrata.
Torniamo forestieri in boschi di castagni che iniziano a velare la luce. Gianfranco mette a dura prova il mio fiato su per l’erta salita. Al Colle Fiatone, una stretta di mano e i nostri passi si dividono.
Un panoramico sentiero di costa e la vista si apre dalla Laga a tutta la catena dei Sibillini. Laturo, altri borghi e costruzioni isolate risplendono come gemme dimenticate nelle valli corrugate e sono ai 1.067 metri del disseccato Fontanile Il Monte e al vicino casale diroccato. Questo era un mondo di genti e di rapporti, di coltivi e di pascoli: di una rete di relazioni che rendevano viva la montagna. Ora tutto è fermo e gli invisibili fili che univano questa società rurale si vanno via via dissolvendo.
Dalla Sorgente La Cordella la Montagna dei Fiori si eleva imponente e poi una lunga carrareccia fra pascoli montani mi porta a sfiorare alto il borgo di Leofara. Altro toponimo ricorrente che ricorda la passata dominazione longobarda, dove fara indicava un’unita base di organizzazione sociale e militare.
Un raro cartello escursionistico volge al borgo abbandonato di Vallepezzata, ma questa sarà un’altra storia.
Il cammino si fa ora asfalto: antico, spaccato, dissestato, che in discesa con poca fatica mi conduce alle altre deserte mura di Vallenquina, dominate dal neogotico Castello Bonifaci, cinto di travi.
Con le gambe ormai dolenti è tempo di un panino e di un sorso d’acqua, e poi l’ultima ora di facile cammino attraverso il borgo, non abbandonato ma sempre deserto, di Prevenisco.
Dopo tanta solitudine Valle Castellana mi accoglie con agi e chiasso che mi appaiono da metropoli. Una birra e un toscano, mirando le valli e le dorsali appena percorse, mi fanno apprezzare ancor di più un mondo che non finirò mai di scoprire.