Monti Invisibili
Anello di San Rabano
Quota 414 m
Data 31 ottobre 2024
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 560 m
Distanza 21,31 km
Tempo totale 6:47 h
Tempo di marcia 5:28 h
Cartografia Parco della Maremma
Descrizione Dal parcheggio di Casa Pinottolai (10 m) per il Ponte delle Tartarughe (6 m, +20 min.), Poggio Lecci (414 m, +2,07 h), l’Abbazia di San Rabano (314 m, +12 min.), l’Oliveto monumentale di Collelungo (80 m, +40 min.), la Spiaggia di Collelungo (0 m, +20 min.), la Torre di Collelungo (43 m, +8 min.), la Torre di Castel Marino (102 m, +22 min.), il sentiero dismesso di collegamento per la Piana del Cavalieri, la Pinastrelaia e Casa Pinottolai (+1,19 h). Splendida escursione quasi tutta su sentiero A1 in giornata calda e pienamente primaverile in ambiente selvaggio di macchia mediterranea con vista sulle isole. Numerosi finferli nel sottobosco. Avvistati alcuni aironi e due vipere. Accesso al parco previo pagamento di 10 euro al Centro Visite di Alberese (aperura ore 8,30).
038 Alberese
037 Eurofighter Typhoon
036 Eurofighter Typhoon
035 Pinastrellaia
034 Pinastrellaia
033 Torre di Castel Marino
032 Torre di Collelungo
031 Torre di Castel Marino
029 Torre di Castel Marino
028 Piana dei Cavalleggeri
027 Torre di Castel Marino
026 Torre di Castel Marino
025 Torre di Collelungo
024 Torre di Collelungo
023 Torre di Collelungo
022 Spiaggia di Collelungo
021 Spiaggia di Collelungo
019 Oliveto monumentale di Collelungo
018 Cala di Forno
017 Coste di Cala francese
014 Abbazia di San Rabano
013 Abbazia di San Rabano
012 Abbazia di San Rabano
011 Abbazia di San Rabano
010 Abbazia di San Rabano
009 Vipera
008 Torre di Castel Marino
007 Pratini
006 Cantharellus cibarius
005 Pineta Granducale
004 Grotta delle Caprarecce
003 Ponte delle Tartarughe
002 Casa Pinottolai
001 Casa Pinottolai
000 Parco della Maremma dislivello
Anello di San Rabano, 31 ottobre 2024. Non ho mai amato le realtà ambientali come il Parco della Maremma. Biglietti d’ingresso, numero chiuso, sbarre di accesso, una selva di divieti e prescrizioni che mi appaiono in pieno contrasto con la libera fruizione della natura.
Da sempre sono infatti convinto che la tutela del territorio non passi per le interdizioni, ma per la fruizione libera e consapevole, sulla crescita della coscienza individuale e non sulla sua compressione.
Non posso però non notare che esistono ambienti particolarmente fragili, e i Monti dell’Uccellina (in realtà sono colli), inclusi nel Parco della Maremma, sono uno di questi. Una costa rimasta miracolosamente integra e selvaggia, sulla quale insistono però numerosi terreni privati e in un contesto a elevata attrazione turistica.
Se nel 1975 – quando su questo ultimo lembo di Maremma intatta già aleggiavano progetti di cementificazione – la Toscana non avesse provveduto a istituire la prima area protetta della regione, con una tutela integralista e la chiusura pressoché totale dei sentieri durante il mese di agosto per salvaguardarla dagli incendi estivi, ora avremmo dei comprensori turistici invece che un tratto di costa selvaggia.
Quello che temo è che con la crescita della pratica escursionistica e con la presenza di tanti ambientalisti integralisti (sempre questi -isti) tale modello sarà inevitabilmente esteso ad altri territori. Basti pensare che già adesso nelle aree protette in teoria non è ammessa l’appagante pratica del fuorisentiero. E siccome in molte di queste (il famigerato Parco Nazionale d’Abruzzo su tutte) i sentieri quasi mai arrivano in vetta, praticamente siamo sempre fuori legge.
Già trent’anni fa rimasi molto male di dover visitare il Denali National Park in Alaska intruppato con numero chiuso a bordo di un torpedone, tanto che scappai via non godendo appieno dell’esperienza.
Ma anche in questa era di overtourism – che su alcuni sentieri (sempre gli stessi, in realtà) sta diventando overhiking – è sufficiente modificare luoghi, tempi e praticare eventualmente una garbata e solitaria illegalità, per assaporare quell’imprescindibile anelito di solitudine e di selvaggio.
Ecco un giorno infrasettimanale di fine ottobre e anche l’iper-regolamentato territorio del Parco della Maremma sa regalare queste emozioni, in un percorso lungo, libero, solitario e appagante attraverso questo splendido lembo di Maremma.
Attesa l’apertura del Centro Visite di Alberese alla tarda ora delle 8,30 e disbrigate le pratiche burocratiche, alle 9 sono finalmente in cammino nell’addomesticata e maestosa Pineta Granducale, fatta piantare dai Lorena, granduchi di Toscana, nella prima metà dell’ottocento per bonificare il terreno acquitrinoso.
In una stagione che non abbraccia ancora l’autunno per essere invece pienamente primaverile, il cammino procede sul soffice terreno sabbioso, in un profluvio di cinguettii, fra grandi cespugli di lentisco e ginepro dove occhieggiano enormi mazze di tamburo.
Dal Ponte delle Tartarughe sfioro l’antica grotta di transumanza delle Caprarecce. Poi il percorso sale roccioso in una macchia di lecci, con un sottobosco di finferli – o galletti che dir si voglia – dei quali farò buon raccolto. Emergo dalla macchia, alto sulle chiome della vasta pineta che sembra un mare sul quale si possa camminare, come sulle nuvole quando sei in aereo.
M’immergo di nuovo nella macchia mediterranea con rari bagliori sul mare e sulle isole dell’arcipelago toscano. Alti lecci si alternano con cespugli di profumato rosmarino e con colorate e gustose bacche di corbezzolo; i finferli nel sottobosco sono così tanti che è impossibile non calpestarli.
I 414 metri di Poggio Lecci segnano la quota più elevata del parco, dalla quale calo ripido verso San Rabano. Un topolino di campagna sfila rapido davanti ai miei scarponi, inseguito da una grossa vipera che invece si blocca, fissandomi a lungo sdegnata per il boccone che gli ho fatto perdere.
Improvviso si eleva dai lecci l’alto campanile della ricca Abbazia medievale di San Rabano, in posizione strategica fra l’Aurelia e Cala di Forno, all’epoca scalo portuale importante. Mi aggiro fra le dirute pietre della grande grangia benedettina, respirando le atmosfere di un’antica vita.
Nel tiepido sole autunnale riprendo un cammino di affacci su un mare riverberante. Un’altra vipera mi sibila da un cespuglio, attraverso il silente Oliveto monumentale di Collelungo e calo infine alle sabbie di Collelungo, dove un tronco spiaggiato è comoda poltrona per un rapido pasto.
Dalla vicina Torre di Collelungo la vista si apre su altre torri costiere e su questo tratto di mare, insidiato un tempo dai Saraceni, sulla cui minaccia vigilavano proprio queste costruzioni.
Fra pigre vacche maremmane raggiungo anche la Torre di Castel Marino, dove è tempo di una pipa meditativa, con vista sul mare verde e su quello blu.
Per la discesa intraprendo un rapido e ripido sentiero forse abbandonato e sono di nuovo nella pineta. Rimane solo un lungo e tranquillo cammino che mi condurrà all’anelata birra ad Alberese.