Monti Invisibili
046 Macchie Piane mucche
045 Vado di Annibale Via Ranna
044 Verso Vado di Annibale
043 Verso Vado di Annibale
042 Stazzo di Cannavine
039 Stazzo della Morricana
038 Stazzo della Morricana
037 Fosso della Morricana
035 Verso il Fosso della Morricana
034 Verso La Storna
033 Sibillini
032 Monti Gemelli
031 Sella della Solagna Gran Sasso
029 Stazzo Padula
028 Gorzano e Fosso di Selva Grande
027 Via Ranna orchidea
024 Stazzo quota 2043
022 Stazzo quota 2043 orapi
021 Via Ranna
020 Genziane
018 Via Ranna
017 Via Ranna
016 Scheletro
015 Via Ranna
014 Pizzo di Sevo Via Ranna
013 Via Ranna
011 Via Ranna
010 Pizzo di Sevo Via Ranna
008 Via Ranna
007 Verso Vado di Annibale
006 Verso Vado di Annibale capriolo
004 Lago di Scandarello
002 Lago di Scandarello e Terminillo
Via Ranna, 6 giugno 2015. L’abito non fa il monaco, ma il giusto abito esprime la persona. E’ vero che ho la fortuna di non dovermi abbigliare formalmente nella vita di tutti i giorni, ma troppo spesso sento che come appaio non racconta quello che sono. Poi arriva il finesettimana, una camminata sui sentieri, un paio di calzonacci, una camicia a quadri da boscaiolo; e soprattutto un paio di vecchi scarponi e il mio cappello sovietico: ecco, scarponi e cappello e ho pavimento e tetto ovunque.
E per l’appunto con scarponi e cappellaccio, dopo la rinunzia di ottobre, eccomi che sono le 7 sulle orme degli elefanti verso il Vado di Annibale, per un nuovo tentativo di scoperta della pastorale Via Ranna, l'antico tratturo che collegava numerosi stazzi lungo il versante sud-orientale dei Monti della Laga.
Dietro, nelle brume del mattino, luccica lo specchio di Scandarello e tremola il Terminillo, un capriolo fugge lesto e in un’ora il mitico Tracciolino è sotto i miei scarponi. A quota 2.090 la traccia dell’antica via è davanti a me e abbandono la retta via per questo lungo, misterioso e probabilmente impervio fuori sentiero.
Inaspettati segni biancorossi guidano i primi passi, ma presto mi avvedo che scendono e riguadagno rapidamente quota. In questo tratto la pista verde, segnata dal passaggio delle greggi e visibile dalle montagne e anche da Google Earth, è invece difficilmente discernibile; ma come per tutti i problemi troppo vicini, basta volgere lo sguardo lontano per vederla chiaramente. E mentre il Pizzo di Sevo sorveglia triangolare i miei passi, procedo emozionato su quella che fu calcata per secoli da pastori, greggi, forse anche semplici viandanti, e ora conserva sbiadita memoria del tempo che fu.
Ovunque scendono prepotenti le acque del disgelo e il cammino, ancorché non rapido, non presenta difficoltà. Ma lunghe lingue di neve non fanno presagire nulla di buono. E infatti ai 2.059 metri del Valico di Piè di Lepre mi affaccio su un ampio e ripido imbuto denso di canaloni innevati che costituiranno la parte più difficile della giornata. Uno, due tre; faticosi aggiramenti, non sempre è possibile, uno sguardo a come, dove, se posso fermarmi in caso di scivolata e con cautela procedo. Lo scheletro di una pecora mi ammonisce di stare attento.
Finalmente sono ai 2.229 metri del Valico di Tara Bella: non ti scordar di me, genziane e le paffute pannocchie delle orchidee scortano ora il mio cammino. Altri passaggi su neve e sotto sento scorrere preoccupato le acque del disgelo. Arrivo ai 2.043 di un grande stazzo abbandonato, denso di orapi che presto riempiono il mio zaino. Il Gorzano si affaccia davanti a me e ai 1.902 metri dello Stazzo Padula termina la Via Ranna, con la confluenza nel Fosso di Selva Grande.
Con le gambe ormai pesanti e il caldo che martella è lunga e faticosa la ripida salita alla Sella della Sologna. Attraverso numerose cascate, giudico scarsa la presenza animale sopra di me e l’acqua sufficientemente filtrata: mi lavo e mi abbevero con il gelido cristallino. Ecco i 2.200 metri del valico, che mi apre le porte dell’Abruzzo e un'altra visione del mondo: il Gran Sasso, i Monti Gemelli, i Sibillini e soprattutto il lungo cammino che ancora mi attende.
Fra bizzarre onde erosive raggiungo La Storna e calo verso la remota Valle della Morricana. Lingue di neve riprendono a costringermi a faticosi aggiramenti, a cauti attraversamenti. Nel caldo del meriggio al grande stazzo m’investe il profumo degli orapi che attraverso lungamente sotto un cielo che s’incupisce e dona alla deserta valle un fascino ancora più solitario, amplificato dalle rombanti acque del disgelo e dalle antiche pietre dello Stazzo di Cannavine.
Le gambe sono allibite della nuova risalita fino ai 1.950 metri della Sella di Monte Pelone. Sono le 16 e sono 9 ore che cammino. Una pioggia tenue in un mare di nubi trasfigura il paesaggio, altra neve m’impedisce di mantenere l’isoipsa. Stordito arranco fino ai 2.280 metri fra rotolanti treni di nembi che sembrano gli elefanti di Annibale. Finalmente scendo e sono al Vado di Annibale.
Ecco nuovamente la striscia verde della Via Ranna, che significa grande, come grande è stata questa escursione sulle tracce della storia.