Monti Invisibili
038 Civita Castellana
036 Civita Castellana
033 Civita Castellana Forte Sangallo
029 Civita Castellana
028 Civita Castellana
026 Civita Castellana
023 Verso Civita Castellana
022 Castello di Paterno
021 Castello di Paterno
018 Verso Castello di Paterno
015 Castello di Foiano
014 Castello di Foiano
013 Castello di Foiano
012 Castello di Foiano
010 Castello di Foiano
008 Castello di Foiano
006 Fosso del Treja mura
004 Fosso del Treja
003 Calcata e Fosso del Treja
001 Calcata
Via Narcense, 24 gennaio 2015. Riprendiamo l’esplorazione di quel corrugato territorio del Treja già avviata due mesi or sono con l'avventurosa traversata da Monte Gelato a Calcata (vedi Anello del Treja). Il temerario intento oggi è di portarmi da questo borgo arroccato fino alla cittadina di Civita Castellana, seguendo il corso del fiume lungo quella che veniva definita la Via Narcense, un tempo fondamentale strada di collegamento in territorio falisco verso Falerii Veteres, ma di cui ora ignoro la pervietà.
Non sono ancora le otto quando il torpedone mi abbandona in un paesaggio brumoso, immobile nell’inverno. Uno sguardo dall’alto al contorto canyon del Treja rende evidente la sua medievale funzione di baluardo contro le incursioni dei saraceni, a difesa della Flaminia e del Tevere, principali vie di accesso settentrionali a Roma. Sbarcati sulle coste italiche i pirati berberi erano lasciati liberi di saccheggiare fino al Treja ma non potevano andare oltre, grazie anche all’elevato numero di castelli ormai diruti che presidiava questa formidabile trincea naturale.
L’ampio sentiero attrezzato e in più punti franato scende lieve verso il corso del fiume, mentre la rupe di Calcata sparisce alle mie spalle. In breve sono al limpido Treja che scorre gorgogliante verso il Tevere costeggiato dall’antica e ancora evidente via, interrotta qua è là da grandi alberi caduti e da frane argillose. Qualche muscoso rudere occhieggia nella vegetazione, mura ciclopiche si elevano improvvise e il fango la fa da padrone in questa stagione; ma basta non curarsene e si va avanti.
Un bruno cinghiale fugge dalle fucilate di una vicina battuta e in un’ora e mezzo sono al non segnalato bivio per il Castello di Foiano, dove abbandono il fondo valle per un sentiero che si restringe e sale fino ai ruderi della fortezza, alti sul Treja a dominare questo lembo di Tuscia. Antiche mura, porte, baluardi avviluppati dalla vegetazione si affacciano ormai sul nulla.
Dopo la piacevole passeggiata, come preventivato ora il giuoco si fa duro, ma non troppo. Individuo con qualche incertezza l'abbandonato sentiero che dovrebbe condurmi al Castello di Paterno, calo verso il Fosso della Mola, affronto un facile guado e su un vecchio tratturo risalgo fra alberi spogli fino a intercettare la carrareccia che presto mi conduce alle poderose rovine dell’altro antico fortilizio, dove nell’anno 1002 morì l’imperatore Ottone III di Sassonia.
Uno sguardo al vicino Soratte e scendo di nuovo verso il Treja, dove una carrareccia assai fangosa mi alza sugli scarponi di buoni dieci centimetri. Barcamenandomi fra mota e pozzanghere sono al chilometro 52 della Via Flaminia e di lì in breve a Civita Castellana, l'antica Falerii Veteres capitale dei falisci, alta su uno sperone tufaceo. Una piacevole visita mi conduce infine alla sua stazione, dove una Peroni e una pipa mi appropinquano al treno per Roma.