Traversata del Velino
Quota 2.271 m
Data 28-29 ottobre 2006
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 2.274 m
Distanza 37,58 km
Tempo totale 14:45 h
Tempo di marcia 13:45 h
Cartografia Il Lupo Velino-Sirente
Descrizione Primo giorno (7,45 h, +1.579 m, -610 m, 15,73 km): dal Peschio Rovicino (1.130 m) per il vallone della Sentina, il rifugio Magrini (2.132 m, +2,45 h), la Magnola (2.220 m, +15 min.), il Vado di Castellaneta (2.088 m, +1,30 h), Punta Trieste (2.230 m, +45 min.), Punta Trento (2.243 m, +40 min.), il colle dell'Orso e il rifugio Sebastiani (2.102 m, +55 min.). Salita alla vetta orientale del Costone per il tramonto (2.271 m, 15 min.). Cena al rifugio (20 euro) e pernotto nel bivacco. Giornata serena e calda.
Secondo giorno (7 h, +695 m, -1.786 m, 21,85 km): dal rifugio Sebastiani per il passo del Puzzillo (2.073 m, +55 min.), il rifugio Campitello (1.720 m, +1 h), la valle dell'Asino, i prati di Cerasolo, monte San Rocco (1.880 m, +2 h), monte Cava (2.000 m, +45 min.) e la valle Ruella fino alla strada Tornimparte - Castiglione (1.011 m, +2 h). Giornata serena e calda con ottima visibilità fino al monte Vettore.
Da Forme al rifugio Sebastiani. Ci sono vette che tergiversano, indugiano, rimandano l'arrivo del camminatore con lunghi avvicinamenti e con sentieri che cambiano più volte direzione, come nella speranza che solo i più tenaci giungano in cima. Alle montagne del Velino questa accusa non si può proprio muovere: vanno su dritte, ripide e rapide, quasi a voler stancare l'improvvido escursionista con una prova immediata. Ma superata la prova - e i 2.000 metri di quota - ecco che si aprono scenari che divagano la mente e rendono lieve la fatica, insieme a sentieri che finalmente prendono pendenze ragionevoli.
Inizia così questa lunga traversata nel cuore del massiccio in una splendida mattinata ottobrina. Il tempo di stringere i lacci degli scarponi e siamo già in cammino dai 1.130 metri del Peschio Rovicino attraverso il sentiero che taglia deciso il ripido vallone della Sentina. Alle nostre spalle si stende tutta la fertile e antropizzata piana del Fucino, ma presto il vallone si stringe, svolta e la civiltà è ormai alle spalle, lasciandoci soli con il rumore dei nostri passi. Il percorso si fa ora meno aspro, attraversando netto una valle dorata dai colori dell'autunno prima di affrontare l'ultima decisa salita di cresta verso i 2.132 metri del rifugio Magrini, o Panei secondo le carte, a neanche tre ore dalla partenza. Il senso di solitudine e l'ampiezza degli orizzonti rendono questo piccolo altopiano brullo e battuto dal vento un luogo misterioso e fuori del tempo, sensazione intensificata dall'evidente abbandono della costruzione. Una sosta per godere dell'inconsueta veduta sulle vette gemelle del Cafornia e del Velino e poi pochi passi attraverso il pianoro per raggiungere i 2.220 metri del monte Magnola, da dove la vista si apre sulle sconfinate faggete del Sirente ma anche sugli orridi sbancamenti delle piste da sci di Ovindoli.
Riprendiamo il cammino in un susseguirsi di saliscendi, con panorami che si spalancano su ripidi canaloni e rocciose creste, in un ambiente che ha nell'isolamento la forza della sua suggestione. Il limitato impegno fisico di questa parte del percorso permette di godere pienamente del paesaggio, ingentilito ora da fioriture tardive che bucano l'erba, mentre discorriamo di altre vette e altri sentieri. Un'ora e mezzo per giungere al panoramico Vado di Castellaneta (2.088 metri) aperto sull'immensa distesa dei piani di Pezza.
I nostri passi affrontano ora una lunga e a tratti aerea cresta che si alza verso le due successive vette irredentiste di punta Trieste (2.230 metri) e punta Trento (2.243 metri) con splendida visuale sui sottostanti piani. Transitiamo quindi veloci per il colle dell'Orso e in breve siamo ai 2.102 metri del rifugio Sebastiani, ancorato in posizione dominante proprio sopra il Colletto di Pezza. Con il sole ormai basso sull'orizzonte facciamo appena in tempo a salire ai 2.271 metri della vetta del Costone, alle spalle della costruzione, per assistere allo spettacolo di un tramonto multicolore, prima che il freddo ci spinga fra le pareti del rifugio.
In una calda atmosfera d'altri tempi, con tanto di canti alpini, consumiamo la cena e una caraffa di rosso abruzzese, che presto ci conduce inesorabile nei nostri sacchiletto.
Dal rifugio Sebastiani a Tornimparte. Il piacere di una colazione in quota con il caldo abbraccio di una tazza fra le mani, una fetta di ciambellone tuffata nel latte e un'alba di fuoco che promette una giornata radiosa.
Il sole radente allunga le nostre ombre sulla brughiera mentre affrontiamo il Passo del Puzzillo (2.073 metri) dal quale scorgiamo buona parte della tappa odierna. Dopo le aeree creste di ieri, oggi ci immergiamo per lunghi tratti in rigogliosi canaloni di faggi dalle serene atmosfere autunnali: l'odore dei muschi e dei funghi, il croccare delle foglie sotto gli scarponi, i colori dorati nell'aria sono i segni di una stagione che si sta impadronendo della montagna. Prima i tre boscosi chilometri della Valle dell'Asino sulle orme di un'agevole carrareccia, poi l'attraversamento dei suggestivi Prati del Ceraso sbuffanti di alberi dai colori pastello, e quindi attacchiamo la lunga ma lieve salita attraverso l'ampia cresta che ci conduce ai 1.880 metri del monte San Rocco, esattamente sopra l'omonimo tunnel dell'autostrada A24, e da lì ai 2.000 di monte Cava.
Iniziamo la lunga discesa attraverso pianori forati da laghetti carsici che si chiudono nella boscosa e quieta valle Ruella. Il sentiero si fa viottolo, poi carrareccia e infine incrocia la strada asfaltata e il nostro ritorno alla civiltà. Fluiscono nella mente i versi del poeta spagnolo Antonio Machado:
Viandante, son le tue orme
la via, e nulla di più;
viandante non c'è via,
la via si fa con l'andare.
Con l'andare si fa la via
e nel voltare indietro la vista
si vede il sentiero che mai
si tornerà a calcare.