Sasso d’Andre’, 4 maggio 2012. Questa stramba primavera prima ci ha regalato giornate estive che hanno ampiamente sciolto la neve e poi un aprile freddo e nuove precipitazioni che hanno a lungo ritardato il ritorno sui sentieri montani. Ecco allora che la voglia crescente di spazi e di vette mi ha indotto ad applicarmi con impegno alla pianificazione di nuove mete, nuovi trekking, nuovi sentieri. A oggi ce ne sono già una decina nel cassetto e altri se ne aggiungeranno, perché la voglia di montagna è maggiore del tempo libero e pianificare è ormai un po' partire. La lettura delle guide, lo studio della cartografia, l’analisi del territorio con Google Earth sono una parte importante dell’escursione, una sorta di fantasticheria che trasporta magicamente sulle montagne anelate e fa rivivere la passeggiata ogni volta che si desidera.
Ma ora ci risiamo. Caricata nel GPS la rotta da tempo pronta, eccomi in partenza per i monti Sibillini, unendo lavoro e svago in una giornata di libertà.
Alle 7,30 sono già a Forca di Presta e mentre il sole appena sorto si specchia limpido nell’Adriatico, m'incammino sul sentiero verso la mole massiccia del monte Vettore. Il sentiero! Quale via di comunicazione ha più fascino di un sentiero? La ferrovia, forse, in grado di inoltrarsi nel territorio senza violarlo. Oppure l’aria e l’acqua, capaci di aprirsi al passaggio per poi richiudersi senza impronte. Ma il sentiero è superiore, questa traccia che riconduce all’uomo, alla sua fatica, ai suoi tempi, alla sua storia: un’orma lasciata nel tempo e nello spazio da chi ci ha preceduto.
Continuo a salire mentre il mondo si crea intorno a me: il Gran Sasso sorge ripido e roccioso dai monti della Laga, il Terminillo si staglia nitido, il Velino luccica ancora abbondantemente innevato, la Piana di Castelluccio si definisce e le Marche si lanciano verso il mare fra boschi e colline punteggiate da borghi e paesi.
Il tempo di una sosta ai 2.233 metri del rifugio Zilioli e sono già in marcia per la grande croce di quota 2.420, dove una deviazione mi reca con una facile cresta in vetta ai 2.281 metri de Il Pizzo, panoramico e roccioso balcone sui già verdeggianti boschi delle Marche. Quassù invece la primavera non riesce a strappare il dominio all’inverno: la neve ancora signoreggia e la terra è umida e molle nel ricordo del precedente padrone.
Torno sui miei passi e i 2.476 metri del monte Vettore sono per la terza volta miei, lasciando ora lo sguardo sprofondare verso l’innevato lago di Pilato, scontrarsi con la vertiginosa costiera del Redentore e allontanarsi verso nord, verso la Sibilla e oltre, dove presto arriveranno anche i miei scarponi.
La lunga cresta verso il monte Torrone è stretta e disagevole a causa di un cappuccio di neve residua che richiede cautela, ma la vista è come un volo verso le montagne, i boschi e il mare. Finalmente i 2.117 metri del Torrone e i vicini 2.100 del roccioso e panoramico Sasso d’Andre’, dove fave e pecorino sono un degno desco dopo tanta fatica.
Il rientro in salita verso il Vettore è meno impegnativo dell’andata e mentre poi scendo dalla grande montagna verso Forca di Presta, le vette della Laga mi accompagnano vicine, con il Gran Sasso che infine tramonta dietro di loro.