Monti Invisibili
Eremi di Poggio Conte e Ripatonna Cicognina,
Antica città di Castro
Quota 243 m
Data 4 febbraio 2023
Sentiero parzialmente segnato
Dislivello 402 m
Distanza 17,82 km
Tempo totale 8:20h
Tempo di marcia 7:15 h
Cartografia Il Lupo Alta Maremma Selva del Lamone
Descrizione Eremo di Poggio Conte (tempo totale 3,54 h, tempo di marcia 3,35 h, dislivello 202 m, distanza 9,41 km, sentiero non segnato): dalla S.P. 109 (144 m) lungo il corso del Fiume Fiora, l’Eremo di Poggio Conte (114 m, +40 min.) con visita del sito (+23 min.), la Cascata Paternale (116 m, + 43 min.) e la Cascata Strozzavolpe (90 m, +38 min.). Ritorno per la stessa via (+1,10 h). Avvistati numerosi uccelli acquatici.
Eremo di Ripatonna Cicognina (tempo totale 1 h, dislivello 37 m, distanza 2,33 km, sentiero non segnato): dalla S.P. 109 ponte sul Fiume Olpeta (103 m) all’Eremo di Ripatonna Cicognina (125 m, +20 min.) con visita del sito (+20 min.). Ritorno per la stessa via (+20 min.). Avvistati due caprioli.
Antica città di Castro (tempo totale 2,40 h, dislivello 163 m, distanza 6,08 km, sentiero parzialmente segnato): dal Santuario del Santissimo Crocifisso di Castro (202 m) per l’Antica città di Castro (239 m) con ampia visita del sito, il Fiume Olpeta (167 m, 1,48 h), il Cavone di Castro (192 m, +10 min.), la Tomba della Biga (213 m, +30 min.) e il parcheggio (+13 min.). Fantastica avventura in territorio ricchissimo di inusuali punti d’interesse archeologico, storico e naturalistico. Progressione a tratti faticosa con punti moderatamente esposti e (a Castro) con tratti di sentieri franati, dismessi o interdetti.
091 Colombario
090 Cavone di Castro
088 Fiume Olpeta
086 Verso il Fiume Olpeta
085 Verso il Fiume Olpeta
084 Castro
083 Castro Chiesa di Santa Maria intus civitatem
081 Castro Chiesa di Santa Maria intus civitatem
079 Castro Chiesa di Santa Maria intus civitatem
078 Castro Chiesa di Santa Maria intus civitatem
077 Castro Chiesa di Santa Maria intus civitatem
074 Castro Chiesa di Santa Maria intus civitatem
073 Castro
072 Castro Piazza Maggiore zecca
071 Castro Piazza Maggiore
067 Castro Duomo di San Savino
066 Castro
065 Castro
064 Castro
063 Ponte San Pietro
061 Eremo di Ripatonna Cicognina felce
059 Eremo di Ripatonna Cicognina
058 Eremo di Ripatonna Cicognina
057 Eremo di Ripatonna Cicognina
055 Eremo di Ripatonna Cicognina
054 Eremo di Ripatonna Cicognina
052 Eremo di Ripatonna Cicognina
051 Eremo di Ripatonna Cicognina
050 Eremo di Ripatonna Cicognina pipistrello
049 Eremo di Ripatonna Cicognina
048 Eremo di Ripatonna Cicognina
047 Eremo di Ripatonna Cicognina
046 Eremo di Ripatonna Cicognina
043 Eremo di Ripatonna Cicognina
042 Caprioli
041 Verso Eremo di Ripatonna Cicognina
039 Lungo il Fiora
037 Cascata Strozzavolpe
035 Cascata Strozzavolpe
034 Cascata Strozzavolpe
032 Cascata Strozzavolpe
031 Cascata Strozzavolpe
030 Cascata Strozzavolpe
028 Cascata Paternale
027 Cascata Paternale
026 Cascata Paternale
025 Cascata Paternale
023 Lungo il Fiora
022 Eremo di Poggio Conte
021 Eremo di Poggio Conte
020 Eremo di Poggio Conte
018 Eremo di Poggio Conte
016 Eremo di Poggio Conte
015 Eremo di Poggio Conte
014 Eremo di Poggio Conte
013 Eremo di Poggio Conte
011 Eremo di Poggio Conte
010 Eremo di Poggio Conte
008 Eremo di Poggio Conte
007 Eremo di Poggio Conte
005 Eremo di Poggio Conte
004 Fiume Fiora
002 Valle del Fiora
001 S.P. 109
000 Poggio Conte dislivello
Eremi di Poggio Conte e Ripatonna Cicognina, Antica città di Castro, 4 febbraio 2023. È da quando ero bimbo che cammino per vette e per valli. E in queste mie peregrinazioni mi sono imbattuto in centinaia di cascate, dozzine di eremi (si usa ancora il termine dozzina?) e innumerevoli città fantasma.
Ma questa volta, nel corso di una sola camminata, ho incontrato cascate, eremi e rovine come mai ne avevo visti: tutti concentrati nell’unico ambiente della Maremma Laziale. Un territorio dai confini indecifrabili, largamente disabitato – o meglio abitato da mandrie di maremmane – e dai vasti orizzonti, che si estende dal Mar Tirreno ai monti della Tuscia e della Tolfa.
Una Maremma che nel passato ha visto sorgere e radicarsi la civiltà etrusca, passare i saraceni e la malaria e, dopo la bonifica, spartirsi i suoi ricchi pascoli e granai fra il papato e la nobiltà.
Ora resta poco di emergente e visibile di tutto ciò. Lunghe strade rettilinee corrono verso le nuvole fra arroccati abitati e il silenzio è dominio del vento che giunge dal mare. Ma come ogni brava pianura, inaspettate si aprono forre e valli, dove andare alla scoperta di quello che non ti aspetti.
Ed eccoci con Enrico in una notte aperta da una luna piena a costeggiare un mare più nero del solito. Individuato il punto dove lasciare la vettura, iniziamo a scendere verso la Valle del Fiora, sospesa nel freddo della stagione.
Rasentiamo a lungo il corso impetuoso ed eccoci risalire brevemente nel bosco, lungo i fianchi di una parete scavata dalle acque. E sono proprio le acque che ci levano il fiato quando si apre davanti a noi l’anfiteatro della Cascata dell’Eremo di Poggio Conte, che scende su una clessidra di roccia in un ambiente di lussureggiante bellezza.
Una scalinata nel tufo, e su una cengia a strapiombo sulla cascata si aprono le grotte del romitorio medievale dedicato a San Colombano, santo patrono dell’Ordine Templare. Un ambiente abitativo con nicchie, ripostigli e una canna fumaria, e una stupefacente chiesa rupestre gotico-cistercense, con volte affrescate, simbologie sessuali e fregi floreali che ne fanno attribuire l’appartenenza proprio ai Templari.
Abbandoniamo a malincuore quest’atmosfera magica e ascetica, e i ciottoli levigati del Fiora accolgono i nostri passi, interrotti anche da grandi e inusuali massi di travertino, roccia sedimentaria strana a vedersi accanto al magmatico tufo.
C’immergiamo nel folto e in un ambiente selvaggio raggiungiamo la sommità della Cascata Paternale, dove le precipiti acque hanno creato strane circonvoluzioni nella dura roccia sedimentaria.
In veloce cammino è un’altra cateratta quella che ora andiamo a scoprire, la più bella della giornata: la Cascata di Strozzavolpe. Un velo d’acqua scende in un turbine su un drappo di travertino dove rimane ampio spazio per scrutare questo mondo umido dall’altra parte.
Colmi di meraviglia ripercorriamo in poco più di un’ora il nostro cammino a ritroso per andare a cercare un altro portento.
Parcheggiata l’automobile settecento metri più a nord, vicino al ponte sul Fiume Olpeta, scavalchiamo una recinzione per un breve tragitto in un desolato paesaggio di alberi tagliati. Due caprioli sgambettano via e già sulla parete sopra di noi si aprono le cavità dell’Eremo di Ripatonna Cicognina. Un baluardo di rovi e di felci (fortunatamente ancora abbastanza pervio) difende la cengia che ci attende.
Una prima cavità, un mezzo torrione difensivo e siamo sullo stretto ballatoio a strapiombo sulla celata valle dell’Olpeta, dove si aprono stalle, dispense, una chiesa e stanze articolate su più livelli e con più vani comunicanti. Scale, nicchie e croci incise che sembra di essere in una litografia di Escher.
Le pance borbottano ed eccoci di nuovo in vettura per il pranzo e la tappa finale all’Antica città di Castro, perduta in un bosco arroccato su un costone tufaceo.
Soddisfatti gli appetiti, siamo di nuovo in cammino fra i resti di quella che fu una ricca e fiorente città rinascimentale del Ducato di Castro: possedimento dei Farnese dove fu chiamato il Sangallo per applicare il modello urbanistico della città ideale di Pienza. Una città con una zecca che batteva moneta e che nel 1649 fu rasa al suolo, pietra per pietra, su ordine di Papa Innocenzo X Pamphili, famiglia con cui i Farnese avevano contratto ingenti debiti.
Ci aggiriamo fra basamenti, fregi e capitelli, nello stupore per questa straniante bellezza sopraffatta da una natura rigogliosa che si è ripresa nuovamente i resti delle tredici chiese affrescate; fra cui il Duomo romanico di San Savino, le cui campane rintoccano ora da secoli a Sant'Agnese in Agone a Piazza Navona.
Sfioriamo pericolosi ipogei – le antiche cantine dei palazzi che non sono più – e sostiamo nello spazio della sontuosa Piazza Maggiore fra i pochi resti della Zecca, dell’Hostaria, del Palazzo Ducale e della fontana centrale.
Da dove si ergeva Porta Lamberta, un percorso accidentato lungo le rupi scoscese del basamento etrusco della città ci porta verso le rive tufacee dell’Olpeta, da dove risaliamo nelle cupe pareti del Cavone di Castro.
In facile cammino ci avviamo a finire questa giornata che in un pugno di ore ci ha offerto meraviglie a profusione. E ovunque abbiamo volto lo sguardo, è apparsa una grotta, un sentiero, un basamento dove avviarsi in nuove esplorazioni.