Monti Invisibili

Anello del Macirenelle

Quota 2.017 m

Data 1° agosto 2020

Sentiero parzialmente segnato

Dislivello 1.436 m

Distanza 18,06 km

Tempo totale 9:36 h

Tempo di marcia 8:32 h

Cartografia Gruppo della  Majella CAI di Chieti

Descrizione Da quota 750 per il Vallone di Palombaro, il bivio per il sentiero pastorale verso Cima Macirenelle (1.600 m, +1,50 h), l’uscita in cresta (1.840 m, +1,37 h), Cima Macirenelle (2.017 m, +50 min.), la Fonte Macirenelle (1.445 m, +1,35 h), la fontana sotto Colle Bandiera (1.137 m, +35 min.), la Grotta di Sant’Angelo (850 m, + 1,45 h) e la macchina (+20 min.). Escursione in ambiente poderoso, solitario e selvaggio molto difficile e faticosa anche a motivo di un asfissiante caldo umido anche in quota. Sentiero pastorale verso il Macirenelle con traccia sempre evidente ma con alcuni tratti molto esposti intorno a quota 1.800. Avvistati numerosi camosci lungo tutto il percorso.

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Traccia GPS

07macirenelledislivello
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039 Birrificio Maiella

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038 Grotta di Sant'Angelo

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037 Sotto Colle Bandiera

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036 Verso Colle Bandiera

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034 Verso Colle Bandiera

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033 Verso Colle Bandiera

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032 Escrementi di lupo

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031 Grotte pastorali

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030 Grotte pastorali

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028 Da Cima Macirenelle

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027 Cima Macirenelle

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026 Camoscio

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024 Verso il Macirenelle

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023 Verso il Macirenelle

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021 Verso il Macirenelle

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019 Verso il Macirenelle

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020 Verso il Macirenelle

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017 Verso il Macirenelle

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016 Verso il Macirenelle

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015 Camosci

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014 Verso il Macirenelle

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013 Vallone di Palombaro

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012 Camosci

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011 Verso il Macirenelle

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010 Verso il Macirenelle

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009 Vallone di Palombaro

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008 Bivio Macirenelle

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007 Vallone di Palombaro

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006 Vallone di Palombaro

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005 Vallone di Palombaro

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004 Vallone di Palombaro

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003 Vallone di Palombaro

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002 Vallone di Palombaro

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001 Vallone di Palombaro

001vallonedipalombaro

000 Majella Il Lupo 2017

00maiellaillupo2017

000 Majella CAI Chieti 1991

Anello del Macirenelle, 1° agosto 2020. Parafrasando Totò, ad andare da soli sulla Majella o si muore o si resta stupidi… E io non sono morto.

Un po’ per la distanza abissale che separa la Capitale dal quel fantastico massiccio e che richiede estenuanti tre ore buone di guida… sola andata; ma anche per quel dedalo di viuzze che avvolge il versante orientale e che ogni volta mi ci perdo e anche il navigatore ci si raccapezza poco. E poi c’è l’immersione in una natura potente e selvaggia che affrontata in solitaria pone sempre rischi e perplessità. Oggi poi, un caldo feroce e lattiginoso mi ha accompagnato fin sulle alte quote, costringendomi a ridurre il pianificato anello e tornando comunque stremato alla base.

L’dea, come al solito, mi era sorta fantasticando sulla mia prima carta della Majella, una bella mappa del CAI di Chieti che risale a trent’anni or sono e che mi ha sempre fatto pensare al Monopoli, tanto è densa di imprevisti e opportunità. E in effetti descrive in territorio ricco di tracce, sentieri, grotte, fonti e anfratti. Chi me la regalò mi avvertì che era piena di errori, riportando sentieri che sul campo non esistono. Ma nel tempo mi sono fatto l’opinione che in gran parte non ci sono perché non più percorsi o manutenuti, insomma abbandonati dal parco. Questa cartografia rappresenta in definitiva una sorta di archeologia escursionistica. Poi è arrivata quella classica su base IGM, sulla quale tanti percorsi sono spariti, e infine l’ultima è una sorta di tavola liscia con poche tracce e poche incertezze. Ecco, questo mi sembra l’emblema di come vorrebbero fruissimo dei parchi e della natura: intruppati su pochi percorsi battuti e autorizzati, senza alcun guizzo di avventura e fantasia.

E io invece me ne sono andato fuori sentiero, come piace a me.

Le arzigogolate tre ore di cui sopra e con un caldo allarmante m’immergo nel poderoso Vallone di Palombaro, che un’umidità da sauna finlandese ha reso di un rigoglio tropicale. M’innalzo rapidamente gustando fragoline, mentre pareti scabre e panciute forate d’anfratti si elevano e si approssimano verso visioni d’alta quota.

E intanto finisco sotto attacco da parte di sciami di enormi tafani, che purtroppo mi accompagneranno per buona parte dell’escursione.

A quota 1.600 sorgo nel poderoso imbuto sommitale del vallone e intercetto una traccia nell’erba alta, esile ma evidente, che si stacca verso le coste di sinistra.

L’antico cammino pastorale costeggia i bastioni rocciosi dello scosceso e tormentato versante settentrionale: a tratti sembra impercorribile e invece procedo, fra camosci fischianti e stazzi abbandonati. Qualche bollo e alcuni ometti rinsaldano il morale mentre traverso balze e cenge, regolate in più punti a suon di piccone. A quota 1.800 il cammino si fa aereo ed esposto, con una traccia flebile su strapiombi verticali. E fra i primi mughi esco infine ai 1.840 metri della cresta.

Il caldo ha provato duramente le mie forze, la vista verso il mare è un’unica massa lattiginosa e a ogni respiro mi sembra di immettere acqua nei polmoni. M’inerpico con difficoltà su un percorso accidentato, fra perfidi mughi e rocce sconnesse, che mi chiedo come diavolo ho fatto a salirci di notte quattro anni fa. Mi aggiro fra i contorti alberelli alla ricerca di un’indistinguibile vetta e infine mi siedo spossato a pensare.

Impossibile con questo caldo continuare per la cresta densa di mughi verso il Martellese. Il pensiero fisso diviene una birra, una bionda, un imperlato boccale di nettare.

Calo su un interminabile piano inclinato e mi fermo in un’aria immota che sembra di mercurio, in un silenzio profondo angosciante irreale, mentre mille occhi di caverne mi guardano dalle montagne. Un tempo questi recessi, ora solitari e abbandonati, dovevano brulicare come una metropoli, intessuti da una fitta rete di relazioni, in una ragnatela di sentieri che metteva in comunicazione grotte e valloni.

Barcollando giungo alla copiosa fontana di quota 1.137 sotto Colle Bandiera e mi tuffo nell’acqua, mi abbevero e attendo lunghi minuti per riacquistare un decente equilibrio emodinamico.

Il percorso sconnesso si fa finalmente ombroso e mi reca alla Grotta di Sant’Angelo che accoglie i resti di un'abside e di un altare dell'antica chiesa rupestre di San Michele Arcangelo.

Ma ormai penso solo alla birra. Pochi minuti di guida per il Birrificio artigianale Maiella di Pretoro (www.birrificiomaiella.net), dove un litro di bionda e un pacco di patatine provvedono a recuperare definitivamente forze e buon umore.

Mi vengono in mente le parole di Giovan Maria Catalan Belmonte, Preposto Camerier del Soglio Pontificio. <<Mammà mi diceva sempre: "non me rompere i coglioni, sei uno smidollato, come uomo non esisti, sei un imbriagone". E allora mi sono incazzato e un giorno ho detto: "basta.. guarda.. mi compro una barca e mi faccio il giro del mondo e navigo da solo, ecco". E così compii quest'impresa. Feci il navigatore solitario. Giorno e notte, fra cielo e mare, mare e cielo. In questa natura, padrone del mondo. Lei non sa cosa vuol dire il navigatore solitario. Solo, nell'immensità del mare, in assoluta meditazione, a contatto della natura più pura, è allora che capisci... quanto sei stronzo, a compiere queste imprese, che non servono a un cazzo>>.

 

(Cfr. Pronto soccorso, in I nuovi mostri, Alberto Sordi)

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